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Chiunque si occupi di recruiting o gestione delle risorse umane potrà confermare quanto sia complicato individuare i migliori profili da mettere a disposizione della propria azienda. Ma ancor di più, ogni HR saprà parlarvi dell’emorragia di talenti che è chiamato a tamponare per garantire uno standard qualitativo e produttivo il più possibile elevato. A cosa è dovuto questo riciclo continuo di lavoratori qualificati, indispensabili per la crescita di un’impresa? Ciò che emerge da recenti studi è che la maggior parte di questi dipendenti, quelli più talentuosi e innovativi (che ovviamente sono anche i più richiesti) cercano fortuna in altre aziende a causa del (pessimo) rapporto coi loro capi. Questa tendenza fornisce quindi una spiegazione all’interrogativo che molti manager si pongono ormai da qualche tempo: “perché i miei dipendenti migliori si licenziano?”. Facile: i talenti non lasciano il lavoro, lasciano i loro manager! Vediamo perciò quali sono gli errori che un capo non dovrebbe commettere per evitare la fuga di dipendenti produttivi e di prospettiva.

#1 MOSTRARE SCARSA EMPATIA E POCA ATTENZIONE

È vero, il capo è il capo e il dipendente è il dipendente. Questo non significa necessariamente dover stabilire un rapporto completamente disinteressato e asettico. Il bravo manager è chiamato a trovare un compromesso, a saper bilanciare il rispetto dei ruoli con una particolare attenzione alle necessità di chi lavora per lui. Lo scarso interesse per i bisogni e gli stati d’animo dei lavoratori migliori, unito alla poca attenzione alle esigenze di crescita, alle difficoltà e alla poca considerazione per il lavoro svolto, portano il capo a delegare sempre di più a chi si dimostra più efficiente, puntando sulla sua capacità di lavorare in autonomia senza preoccuparsi dello stress che questa mancanza di riscontri comporta. L’incapacità di dialogo e il disinteresse circa i dubbi e le domande che vengono poste è uno dei motivi principali motivi che spingono ad abbandonare un posto di lavoro: chi è disposto a condividere gran parte della propria giornata con qualcuno che non si mostra umanamente vicino e non fa altro che delegare senza fornire chiarimenti?

#2 NON RICONOSCERE I MERITI

La gratificazione sul posto di lavoro è la molla che fa scattare le motivazioni, e per un dipendente talentuoso ricevere feedback e attestati di stima è vitale per andare avanti con entusiasmo. Vedere concretamente riconosciuto il proprio operato, soprattutto per chi pensa a lavorare senza mettersi in mostra, assume una particolare importanza. L’incapacità di riconoscere i meriti dando per scontati risultati eccellenti, oppure la tendenza a concedere promozioni a chi non le merita, sono errori frequenti tra i manager che, così facendo, sfiduciano irrimediabilmente i talenti che potrebbero far progredire l’azienda. Di conseguenza, esasperati da una situazione che li mortifica, questi dipendenti meritevoli e produttivi cercano altrove quelle gratificazioni di cui hanno bisogno per sentirsi appagati e valorizzati.

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#3 NON CONCEDERE NUOVE SFIDE E OPPORTUNITÀ

I dipendenti migliori sono anche quelli più creativi, appassionati, innovativi, intrinsecamente motivati. È per questo che hanno bisogno di mettersi alla prova con compiti nuovi e stimolanti, che diano loro la possibilità di crescere sia a livello personale che professionale migliorandosi continuamente. L’abilità di un manager consiste nel saper valorizzare questa propensione, enfatizzando le capacità specifiche dei talenti migliori che l’azienda riesce a trovare. Attestati di stima e fiducia vengono presi come parole vuote se poi non segue, nei fatti, l’assegnazione di obiettivi sempre più importanti da raggiungere. Abbiamo già visto come troppo spesso i capi tendano a sovraccaricare i propri dipendenti affidando loro compiti e mansioni inutili che sono vere e proprie perdite di tempo e di energia. Questo demotiva i lavoratori più efficienti, diminuisce la loro possibilità di incidere in concreto sulle performance aziendali e comprime la loro creatività.

#4 ESSERE INCOERENTI

Come si suol dire, ogni promessa è debito. Promettere un riconoscimento, una promozione, un contratto, un compito più stimolante, un bonus o un aumento può motivare i propri collaboratori e spingerli a mettere ancor più impegno in ciò che fanno. Tuttavia, se non si rispettano gli impegni i nodi vengono al pettine e ogni futura promessa rischia di essere controproducente. Il ragionamento dei dipendenti è semplice e immediato: “perché dovrei rispettare le scadenze se il mio capo, per primo, non mantiene la parola data?”. Questo porta a una riduzione delle performance e nei casi peggiori spinge il dipendente a guardarsi intorno alla ricerca di un lavoro diverso, nella speranza di raccogliere effettivamente quanto gli viene prospettato.

#5 “SPOLPARE” I DIPENDENTI

Questo errore è un classico e si fonda su un equivoco difficile da superare: più ore di lavoro non significano performance migliori, al contrario. Costringere i propri dipendenti a sostenere orari di lavoro eccessivi non fa altro che diminuire la loro produttività aumentando frustrazioni e risentimenti che li spingerà a cercare un altro posto di lavoro più “umano” . Quando un dipendente funziona e lavora bene è normale puntare su di lui ma caricarlo eccessivamente può assumere i contorni di una paradossale “punizione” per la sua competenza sopra la media. I modi per evitare questo effetto collaterale sono due: cercare di non sovraccaricare i propri collaboratori migliori oppure promuoverli, facendo corrispondere a responsabilità maggiori una paga superiore.

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